Il 4 marzo Jean Bonnelus, referente dell’operazione scuole rurali sostenuta dalla ReteRR, scrive alla Rete di Padova:
“…la situazione ad Haiti è diventata catastrofica. Da questa settimana Port-au-Prince è praticamente caduta nelle mani di banditi armati. La polizia non è in grado di far fronte alla situazione e il governo è assente. Stamattina le bande sono arrivate al Cabaret, e noi siamo bloccati, non possiamo uscire di casa.”
E nell’ultimo messaggio, dopo la metà del mese: “Come sapete, abbiamo lasciato la casa di Dubuisson. A volte proviamo a ritirare dei bagagli con gli amici. Per il momento viviamo tra Arcahaie e Fondol. Ma ad Arcahaie siamo molto a disagio perché la minaccia delle bande armate è quotidiana. Stiamo studiando la possibilità di uno spostamento verso il centro, ma è molto difficile arrivarci perché le strade sono occupate dalle bande. Con il vuoto di potere e le dimissioni del Primo Ministro, speriamo che la comunità internazionale possa realizzare una gestione della crisi che attanaglia il nostro Paese.”
Le Nazioni Unite stimano che oltre 300.000 persone abbiano dovuto lasciare le proprie case per gli scontri per la violenza generata dalla bande criminali e che più del 40% della popolazione soffra la fame. I vescovi di Haiti esprimono “viva preoccupazione e dolore di fronte all’atrocità delirante nel-
la quale si trova il nostro Paese …le bande armate infieriscono contro una popolazione disarmata- uccidono, violentano, saccheggiano, bruciano e provocano centinaia di migliaia di sfollati.”
E a questa situazione di insicurezza devastante si sovrappone un elevato rischio per la salute della popolazione haitiana perché, secondo un recente studio dell’Università del Michigan, il riso importato dagli Stati Uniti (che rappresenta una dei principali alimenti di base di Haiti) contiene
“livelli insalubri di arsenico e cadmio, metalli pesanti che possono aumentare i rischi di cancro e malattie cardiache”.